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INTERVISTA / «Il commissario? Giusto deterrente»

di Giovanni Negri

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25 febbraio 2010

Sanzioni anticipate talmente gravi da convincere le imprese a patteggiare. «Molto più spesso di quanto avviene per le persone fisiche», ne è convinto Carlo Enrico Paliero, legale in processi chiave sulla criminalità finanziaria come quello sulla fallita scalata ad Antonveneta e docente di diritto penale all'Università Statale di Milano.

Professore, la richiesta di commissariamento per Fastweb e Telecom Sparkle impone una riflessione sull'efficacia delle misure introdotte dal decreto 231.
Senza dubbio. Ma è una conseguenza della logica stessa del provvedimento. Che punta a incentivare l'adozione di modelli organizzativi virtuosi in grado di scoraggiare o rendere molto difficile la commissione di reati. La misura cautelare poi è quella che fa naturalmente più paura alla società. Una forma di deterrenza economica che può essere molto forte anche per l'estrema difficoltà nel discolparsi quando del reato sono imputati i vertici della società. Basti pensare che, come nel caso Fastweb e Telecom Sparkle, inizialmente il pm aveva chiesto l'interdizione dall'esercizio dell'attività.

Una misura forse eccessiva?
Forse. Ma il commissarimento che potrebbe essere deciso la prossima settimana al posto dell'interdizione all'esercizio dell'attività è una possibilità offerta dallo stesso decreto 231 quando in gioco ci siano i livelli occupazionali e/o si tratti di un'impresa che fornisce un servizio pubblico.

Ma per le società che possibilità ci sono di difendersi?
Per le imprese coinvolte in un procedimento da decreto 231 è previsto un contraddittorio anticipato.

E se, per la rima volta, venisse commissariata una società quotata?
Allora si porrebbero dei problemi tutto sommato inediti, non tanto per quanto riguarda l'ordinaria amministrazione, il commissario la può anzi la deve ovviamente svolgere, o la straordinaria, soggetta all'autorizzazione del giudice (il modello è un po' il rapporto curatore-giudice delegato nel diritto fallimentare), quanto piuttosto nell'obbligo che il decreto 231 impone al commissario di curare l'applicazione dei modelli.

Perché dovrebbe rappresentare un problema?
Perché in una fase cautelare come questa, decidere un intervento di rafforzamento dei modelli come imposto dalle norme potrebbe anche significare una sorta di ammissione di colpevolezza da parte della società.

25 febbraio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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